Antonio Gramsci
Un altro elemento per saggiare la
portata reale della politica unitaria ossessionata di Crispi è il complesso di
sentimenti creatosi nel Settentrione per riguardo al Mezzogiorno. La “miseria”
del Mezzogiorno era “inspiegabile” storicamente per le masse popolari del Nord;
esse non capivano che l’unità non era avvenuta su una base di uguaglianza, ma
come egemonia del Nord sul Mezzogiorno nel rapporto territoriale di
città-campagna, cioè che il Nord
concretamente era una “piovra” che si arricchiva alle spalle del Sud e che il
suo incremento economico-industriale era in rapporto diretto con impoverimento
dell’economia e dell’agricoltura meridionale. Il popolano dell’Alta
Italia pensava invece che se il Mezzogiorno non progrediva dopo essere stato
liberato dalle pastoie che allo sviluppo moderno opponeva il regime borbonico,
ciò significava che le cause della miseria non erano esterne, da ricercarsi
nelle condizioni economico-politiche obiettive, ma interne, innate nella
popolazione meridionale, tanto più che era radicata la persuasione della grande
ricchezza naturale del terreno: non rimaneva che una spiegazione, l’incapacità
organica degli uomini, la loro barbarie, la loro inferiorità biologica. Queste
opinioni già diffuse (il lazzaronismo napoletano era una leggenda di vecchia
data) furono consolidate e addirittura teorizzate dai sociologi del positivismo
(Niceforo, Sergi, Ferri, Orano, ecc.) assumendo la forza di “verità
scientifica” in un tempo di superstizione della scienza. Si ebbe così una
polemica Nord-Sud sulle razze e sulla superiorità e inferiorità del Nord e del
Sud (cfr i libri di N. Colajanni in difesa del Mezzogiorno da questo punto di
vista, e la collezione della “Rivista popolare”). Intanto rimase nel Nord la
credenza che il Mezzogiorno fosse una “palla di piombo” per l’Italia, la
persuasione che più grandi progressi la civiltà industriale moderna dell’Alta
Italia avrebbe fatto senza questa “palla di piombo”, ecc. Nei principii del
secolo si inizia una forte reazione meridionale anche su questo terreno. Nel
Congresso Sardo del 1911, tenuto sotto la presidenza del generale Rugiu, si
calcola quante centinaia di milioni siano estorti alla Sardegna nei primi 50
anni di Stato unitario, a favore del continente. Campagne del Salvemini,
culminate nella fondazione dell’“Unità”, ma condotte già nella “Voce” (cfr
numero unico della “Voce” sulla “Quistione meridionale” ristampato poi in un
opuscolo): in Sardegna si inizia un movimento autonomistico, sotto la direzione
di Umberto Cau, che ebbe anche un giornale quotidiano “Il Paese”. In questo
inizio di secolo si realizza anche un certo “blocco intellettuale”,
“panitaliano” con a capo B. Croce e Giustino Fortunato, che cerca di imporre la
quistione meridionale come problema nazionale capace di rinnovare la vita
politica e parlamentare.
Antonio Gramsci, “Quaderni del carcere”, Volume terzo, Quaderno 19 (X)
1934-1935, (“Risorgimento italiano”), (§ 24. “Il problema della direzione
politica nella formazione e nello sviluppo della nazione e dello Stato moderno
in Italia”), Einaudi Edit., 1975, 2001.
[L’evidenziazione del testo in
grassetto è stata apportata dal Redattore del sito internet].
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